Ho ricevuto questo libro in regalo da mio padre. Stanco di regalarmi sempre i “soliti” generi (che poi soliti non lo sono mai!), si è ricordato che da piccola ero una vera e propria divoratrice di gialli, così ecco che ha scelto questo libro di Manguel per me.
Vi confesso che all’inizio ho fatto fatica a stare al passo con i lunghi interrogatori presentati sotto forma di monologo e che monologo poi! Direi forse più un flusso di coscienza, come se il narratore non prendesse mai fiato. Dopo un po’, però mi sono abituata ed ho iniziato a divorare le pagine, curiosa di sapere chi sarebbe stato il prossimo personaggio a parlare dell’ormai defunto Alejandro Bevilacqua.
Cambiano i personaggi e cambia il ritmo, come se le parole prendessero la forma di coloro che le pronunciano.
Manguel, da bravo sudamericano, non dimentica di parlarci di un momento buio della sua terra natale, l’Argentina, dalla quale tutti i protagonisti del libro sono scappati per trovare rifugio in Spagna e ricreare lì una sorta di circolo letterario.
Insomma, sarà pure nella categoria dei gialli, ma è sicuramente molto più di una storia che vi lascia con il fiato sospeso. Manguel parla di amore, di emancipazione, di follia, di violenza, di letteratura e di libertà e lo fa attraverso i suoi personaggi, in poche pagine, ma con uno stile potente.
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