Prendete un padre ed un figlio che si conoscono a malapena e fategli trascorrere insieme due giorni e due notti senza dormire, quello che otterrete ce lo racconta Gianrico Carofiglio in questo romanzo da leggere tutto d’un fiato.
Tutto ha inizio quando ad Antonio, adolescente arrabbiato e risentito, viene diagnosticata l’epilessia. I genitori decidono di portarlo in un centro di eccellenza a Marsiglia e sarà proprio in quella strana città che, anni dopo, Antonio conoscerà veramente suo padre.
Il romanzo tocca tanti temi e sono certa che ognuno di noi lo leggerà secondo la propria prospettiva che è assolutamente unica e, per questo, assolutamente inconfutabile.
Per me il romanzo parla di un viaggio che, con i suoi tratti talvolta allucinati, porta alla luce la vera essenza dei protagonisti e la vera natura del loro rapporto. Un padre ed un figlio sono comunque anche due uomini che, come tali, hanno tutto il diritto di dire le parolacce, di fumare, di parlare di sesso, di ridere e di divertirsi.
Hanno semplicemente il diritto di essere, anche al di fuori del loro legame.
La narrazione è fluida ed il linguaggio è semplice, ma suggerisce molto più di quanto sia impresso sulla carta. Alcuni passaggi mi ricordano Kerouac, mentre altri sono di una dolcezza struggente, quella dolcezza fatta di parole semplici e per questo crudamente reali, proprio come quelle riportate sul risvolto di copertina:
“E papà suonò da solo. Io non lo avrei confessato nemmeno a me stesso, ma ero orgoglioso e fiero di lui, e avrei voluto dire a chi mi stava vicino che il signore alto, magro, dall’aspetto elegante che era seduto al piano e sembrava molto più giovane dei suoi 51 anni, era mio padre. Quando finì, inseguendo il senso di ciò che aveva suonato in due scale conclusive e malinconiche, scoppiò un applauso pieno di simpatia. E anch’io applaudii e continuai a farlo finché non fui sicuro che mi avesse visto, perché cominciavo a capire che esistono gli equivoci e non volevo che ce ne fossero in quel momento.”
Eh sì, gli equivoci, è anche di questo che si parla nel libro, perché pensare di sapere esattamente tutto a volte è più facile e più comodo rispetto ad affrontare la realtà dei fatti.