Dopo 162 giorni di parole scritte con una facilità e naturalezza estrema ecco che per la prima volta sperimento il blocco dello scrittore. La cosa assurda è che so benissimo di cosa parlare, solo non riesco a trovare le parole giuste per iniziare, quel famoso incipit di cui parla Benjamin Malaussène nell’ultimo romanzo di Pennac (potete vedere la citazione cliccando qui).
Proviamo ad iniziare così, come sapete sto leggendo The Miracle Morning e, forse, mi sto inconsciamente preparando alle levatacce. Non so se questa possa essere una spiegazione plausibile, sta di fatto che sono 2 giorni che dormo almeno 10 ore per notte. Dovrei essere riposata no?!? Eh, purtroppo no! Secondo Hal Elrod, autore di The Miracle Morning, per svegliarsi rigenerati è sufficiente andare a letto con la convinzione che l’indomani saremo pieni di energie. Non ho ancora terminato il libro e mi sto ancora organizzando per iniziare questi 30 giorni di trasformazione, ma stasera proverò a seguire il suo consiglio.
A piccoli passi, un passo alla volta.
Sabato sera, mentre scrivevo l’articolo per il blog, ho avuto uno dei miei moment of being e, udite udite, ho buttato giù quella che potrebbe essere l’introduzione alla mia tesi in Counseling. Ebbene sì, sembrava che me ne fossi dimenticata, ma in realtà è sempre lì, at the back of my head, come si dice in inglese. Perdonatemi se ancora una volta uso la lingua inglese, ma trovo che questa espressione renda bene l’idea: avere qualcosa nel ‘retro’ della testa è proprio la sensazione che provo ogni volta che dico ‘lo faccio dopo’ e, a forza di rimandare, la situazione si sta facendo un po’ troppo affollata qui dietro, è arrivato il momento di fare un po’ di pulizia.
Insomma, è un'ora che ci giro intorno: è uno di quei lunedì.
Per fortuna, la vita è piena di sorprese e porta sulla mia strada persone meravigliose, come Giusy, la mia studentessa che, ‘semplicemente’ condividendo con me la sua passione e la sua conoscenza, ha aggiunto un tassello importantissimo alla mia tesi in Counseling. Si tratta di una poesia scritta da Loris Malaguzzi, pedagogista, insegnante e fondatore di Reggio Children, Centro Internazionale per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine.
La poesia, ovviamente, parla di bambini e la mia tesi, altrettanto ovviamente, parlerà di cani sì, ma soprattutto di relazioni e le relazioni, a mio avviso, possono dirsi tali solo se tengono conto dell’individualità di ogni essere vivente.
Credo che la magia dell’arte e di ogni forma artistica stia nella molteplicità di interpretazioni possibili quindi lascio che siano le parole di Malaguzzi a parlare per ognuno di voi:
Il bambino
è fatto di cento.Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlarecento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capirecento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c’è
e di cento
gliene rubano novantanove.Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l’immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.Gli dicono insomma
che il cento non c’è.
Il bambino dice:
invece il cento c’è.
Cosa ho imparato da questa giornata?
- e invece il cento c’è
- adoro fare regali