Ho sempre sostenuto che l’estate fosse la mia stagione preferita, ma forse il mese che preferisco di più in assoluto è Maggio, allergia a parte. A Maggio le giornate sono più lunghe, i prati sono verdi, la natura è rigogliosa, ci sono fiori ovunque e le temperature sono perfette per un pic nic o anche per prendersi un bel libro e sistemarsi in giardino.
E poi a Maggio, finalmente, ci si tolgono i calzini.
Maggio è anche il mese in cui si fanno un sacco di feste e sagre ed è il mese del Serremaggio, la rievocazione medievale che trasforma le Serre di Rapolano in un luogo magico, quasi fuori dal tempo. Ma perchè parlo delle Serre di Rapolano? Io sono nata a Sinalunga, ho vissuto qualche anno a Serre, poi 10 anni a Siena, poi di nuovo alle Serre, poi in giro per il mondo, poi a Serre e poi ancora a Siena, per adesso.
Mia nonna dice che non c’è terra che mi regga, in inglese si direbbe che ho gli itchy feet, cioè mi prudono i piedi, ma resta il fatto che quando stasera mi sono appoggiata sul muretto per fare questa foto mi sono sentita a casa. Era lo stesso muro su cui, da adolescente, ci sedevamo con gli amici a parlare dei nostri sogni, dei nostri progetti. E quando si parla di futuro, si guarda sempre verso l’orizzonte, come se in qualche modo i nostri occhi riuscissero a vederlo lì, fra i colori del sole al tramonto.
Io di sogni ho sempre parlato al tramonto o sotto un cielo stellato.
Ho viaggiato tanto e non me ne pento, ma le Serre sono la mia patria e questo, in parte mi distrugge il cuore. Lo so, è assurdo, dovrei essere felice ed invece mi lamento. Mi lamento perché io da questa sensazione sono sempre fuggita per paura di restare incatenata, ma così facendo ho finito per rinforzare il legame, un legame che però non ho curato e si sa, non si può andare e venire facendo finta di non essere mai partita. Alle Serre si prova quel senso di appartenenza che solo le comunità piccole possono darti; quel senso di appartenenza di cui mi sono volontariamente privata, per paura, ma di cosa poi?!?
Per il titolo di questo post avevo persino pensato di scomodare Leopardi perché il suo verso ‘sempre caro mi fu quest’ermo colle‘ mi pareva la scelta più appropriata e più sintetica per descrivere il mio stato d’animo e lo stesso vale per il titolo dell’opera, L’infinito. Vi prego, non pensate al Leopardi come un adolescente brutto triste e goffo; io non sono un’intellettuale, ma vi giuro che Leopardi è molto più di quello che ci hanno insegnato a scuola, dategli una seconda possibilità se ne avete voglia.
Siccome nulla avviene per caso, mentre cercavo un video con la lettura de L’infinito di Leopardi, ho trovato qualcosa di meglio: Alessandro Baricco che parla di romanticismo e spiega L’infinito. Sono 11 minuti e lo so che nel mondo web sono troppi, ma non posso fare a meno di condividerlo perchè è la summa del post che ho appena scritto, quasi a dimostrare che, forse forse, la citazione leopardiana non era poi così fuori luogo.
Cosa ho imparato da questa giornata?
- vedere facce amiche scalda il cuore
- Maggio è il mese che preferisco
- voglio camminare per la vita con il cuore aperto
- si aggiunge un altro libro alla mia lista dei desideri: L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita