I corsi ed i ricorsi della storia mi vedono di nuovo china sui libri di glottodidattica.
Si narra, ed un po’ lo ricordo anche io a dire il vero, che sin da bambina giocassi a fare la maestra. Ero onniscente ed insegnavo tutte le materie, così tanto per darvi un’idea della mia ‘simpatia’ e della mia innata passione. Ciononostante, ogni qual volta mi veniva posta la fatidica domanda –“cosa vuoi fare da grande?”– io mi sentivo sprofondare in un abisso di terrore e smarrimento che, mi vergogno a dirlo, non mi ha più abbandonata. Per questo ho sempre vissuto la scelta dell’università e le scelte lavorative come una vera e propria condanna, anziché come un’opportunità.
Lo so, sono grave!
Vi garantisco che la sensazione di camminata-verso-il-patibolo ogni volta che mi avvio verso decisioni o situazioni ‘definitive’ è ormai una costante della mia vita. A tal proposito mi tornano in mente le parole del Dott. Ongaro (a proposito della sua videolezione di ieri) sulla transitorietà intesa come concetto generale per vivere meglio.
Noi siamo di passaggio, ma anche tutte le cose della vita lo sono.
Ecco, forse ragionare così mi aiuterebbe a vivere meglio alcune scelte che in un primo momento possono sembrare definitive e segnanti, ma che, in realtà, possono anche essere prese più a cuor leggero.
Insegnare è veramente la mia vocazione? Molto probabilmente sì, ma ho sempre avuto paura di andare fino in fondo alla questione perché cosa-ne-sarebbe-di-me-se-dovessi-scoprire-che-non-sono-nata-per-insegnare? Eh sì, la paura, la grande costante. Temo che sia arrivato il momento di prenderla a braccetto e di vedere un po’ dove possiamo andare insieme. Come si legge saggiamente in Game of Thrones, “si può essere coraggiosi solo quando si ha paura” ed io credo di aver già perso fin troppe opportunità.