Ho trovato il titolo di questo libro su uno degli articoli scritti da Andrea Giuliodori, Efficacemente, ed era annoverato fra i libri di crescita personale da lui consigliati.
Si tratta di un saggio che parla di resilienza e, più nello specifico, usa la metafora dello sport per spiegare meglio di cosa si tratti e di come la resilienza possa essere sviluppata ed allenata.
Ma che cosa significa questa parola, "resilienza"?
Per spiegarlo userò le parole dell’autore:
La parola “resilienza” proviene dalla metallurgia: indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate. Per un metallo la resilienza rappresenta il contrario della fragilità. […] Etimologicamente”resilienza” viene fatta derivare dal latino “resalio”, iterativo di “salio”. Qualcuno propone un collegamento suggestivo tra il significato originario di “resalio”, che connotava anche il gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalla forza del mare, e l’attuale utilizzo in campo psicologico […]
E perchè oggi va tanto di moda parlare di resilienza?
[…] resilienza psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.
I primi due capitoli del libro, dedicati alla definizione del termine “resilienza”, sono letteralmente volati, forse perché il mio amore per le parole mi tiene incollata a qualsiasi testo che tenti in qualche modo di definirle. I capitoli centrali, invece, sono stati un po’ più indigesti; forse perchè si parlava di sportivi a me totalmente sconosciuti o forse perchè la narrazione delle gesta altrui non sempre carpisce la mia totale attenzione.
La sorpresa, o meglio la ricompensa (poiché l’autore si rivolge al “lettore che sia giunto fin qui”), arriva verso la fine del libro: gli ultimi due capitoli, infatti, forniscono molte idee e strategie su cui lavorare per aumentare la resilienza.
Ho dato 3 stelline a questo libro perché, in totale onestà, non mi ha rapita, ma questo non significa che non lo abbia trovato utile o che non lo consiglierei ad altri; anzi, tutto il contrario. Come ho detto più volte, lo stesso libro, se letto in momenti diversi tocca corde diverse.
Io arrivavo da un romanzo fantasy divorato in pochi giorni quindi non mi sorprende affatto che un saggio non sia riuscito a rapirmi…va da sè che si tratta di due tipologie testuali completamente diverse. A ripensarci, è stato piuttosto ingiusto da parte mia asserire che il libro non mi abbia tenuta incollata alle pagine; direi che l’aspettativa era un filo irrealistica.
Mentre formulavo quest’ultimo pensiero mi sono tornate alla mente alcune cose che Trabucchi dice riguardo all’interpretazione e forse si tratta proprio del messaggio più forte che questo libro mi ha mandato. Ironia della sorte, probabilmente non è neppure il concetto più importante espresso da Trabucchi, ma è senza dubbio quello che ha avuto maggiori risonanze in me:
[…] le persone non sono stressate dagli eventi in sè, ma dal modo in cui li interpretano.