La mattina del 16 luglio 1990, Liliana Rivera Garza fu trovata senza vita nel suo appartamento a Città del Messico. Aveva 20 anni, studiava architettura, aveva grandi sogni ed era una donna libera.
A mettere fine alla sua vita fu l’ex fidanzato Angel Gonzales Ramos. Un femminicidio, uno dei tanti avvenuti negli anni ’90 in Messico, uno dei tanti che continuano a susseguirsi in tutte le parti del mondo.
A raccontare la storia di Liliana è sua sorella Cristina che, a 30 anni dall’omicidio, capisce di non poter più tacere, di non riuscire più a contenere quel dolore che ha nascosto per così tanto tempo perché, si sa, nei femminicidi è sempre colpa della vittima che in qualche modo se l’è cercata. E allora, chi rimane, non riesce a far altro che rinchiudersi nella propria tragedia, farsi piccolo sperando di diventare invisibile finché, proprio come è successo a Cristina, qualcosa ti scoppia dentro e capisci che è arrivato il momento di rimettere insieme i pezzi nel tentativo di rendere giustizia aduna vita spezzata.
La ricostruzione della vita di Liliana passa attraverso la trascrizione dei suoi diari (o meglio dei suoi pensieri appuntati qua e là), delle lettere che non ha mai inviato, di quelle che ha ricevuto e poi si completa con le testimonianze orali di chi l’ha conosciuta, soprattutto negli anni dell’università, di chi ha condiviso con lei gli ultimi mesi della sua breve vita.
C’è il tempo, un sacco di tempo, tempo fisico ed emotivo, in quell’affettuoso accumulo di carte e buste. Il tempo delle ragazze in fiore.
Sono tante le narrazioni presenti nel libro: la vita di Liliana, ricostruita come un meraviglioso collage, il dolore di Cristina per la perdita della sorella, la sua rabbia e la necessità precisa di raccontare la mascolinità tossica senza metterla in primo piano e la determinazione a combattere il patriarcato, ad ogni costo.
Un piede su un’impronta. Molte impronte. Altri piedi. Ci confondiamo ora. I piedi che si adattano ai contorni invisibili di altri passi. I contorni che si aprono per accogliere i nostri piedi. Siamo loro nel passato, e siamo loro nel futuro, e al tempo stesso siamo altre. Siamo altre e siamo le stesse di sempre. Donne in cerca di giustizia. Donne esauste, ma unite. Ormai stufe, ma con una pazienza secolare. Ormai per sempre furiose.
Ci sono tanti non detti, tanti dubbi, tante comunicazioni criptiche, tante domande e curiosità che già sappiamo non troveranno mai una risposta, almeno non quella di Liliana. Ci sono alcune foto, pochissime e poi ci sono versi di poesie e canzoni. Il titolo stesso è una citazione di Camus che troviamo in epigrafe e che Liliana ha usato per consolare una sua amica in crisi dopo una rottura amorosa: “nel cuore dell’inverno imparai finalmente che in me c’era un’invincibile estate”.
Non posso nasconderlo, è un libro straziante, esattamente come lo immaginavo e forse anche di più, ma allo stesso tempo è una lettura necessaria. La scrittura di Cristina Rivera Garza è un capolavoro, merita di essere letta con tutta la lentezza necessaria a cogliere (o almeno a provarci) la complessità delle vite, delle relazioni e delle circostanze.
Leggetelo, se ne sentite il bisogno!
L’invincibile estate di Liliana, di Cristina Rivera Garza, traduzione di Giulia Zavagna, SUR, 2023, 315 pagine.