I got out this diary and read, as one always does read one’s own writing, with a kind of guilty intensity. I confess that the rough and random style of it, often so ungrammatical, and crying for a word altered, afflicted me somewhat.
Il primo Gennaio 2017 ho fatto il primo post su Facebook, un frullato di banana e latte di cocco, tutto interamente fatto in casa. Ho usato l’hashtag #abbrutitanomore #day1 ed ho spiegato che con il nuovo anno mi sarei impegnata a postare un a foto al giorno che rappresentasse un gesto che avevo compiuto per prendermi cura di me stessa. Ero terrorizzata, soprattutto perché sapevo che nei giorni a seguire avrei messo altri post, alcuni dei quali inerenti la cura della persona e temevo il giudizio delle persone.
I primi post hanno avuto un numero di interazioni, non solo nei commenti, ma anche messaggi privati e telefonate, tale da invogliarmi a fare qualcosa di più grande, un sogno che affonda le radici nella mia adolescenza: un blog. In effetti nei post di Facebook non riesco ad elucubrare a sufficienza, ma sul blog posso dare libero sfogo alle parole. Non c‘era bisogno che andassi così tanto mainstream perché i miei buoni propositi li avevo già dichiarati ad Elisa durante una merenda, ma ero in vena di fare le cose in grande. Ho chiamato Claudia, l’unica persona che avrebbe potuto aiutarmi nell’impresa ed eccoci qui.
Gli articoli sono divisi per categorie, che rappresentano a grandi linee le aree in cui sento il bisogno di migliorarmi, anche se è probabile che all’interno di una giornata faccia più di una sola cosa.