Giorno due delle bombe di farmaci e posso dire che gli effetti indesiderati sono arrivati prima di quelli desiderati. Che culo eh!
Siccome non più tardi di ieri sera mi vantavo della mia capacità di ironizzare e prendere le cose con filosofia, vediamo se ce la faccio anche a questo giro. Senza dilungarmi troppo nell’amato ‘Inno del corpo sciolto’ del Benigni nazionale, potrei passare ad altri effetti collaterali.
La codeina, unica cosa che al momento riesce a tenere a bada la mia tosse (che raggiunge il suo climax provocandomi dei simpaticissimi conati che poi diventano molto produttivi) mi sta rincoglionendo non poco. Ho forti giramenti di testa ed ho sete come se avessi mangiato 10 prosciutti toscani interi. Per scelta non ho letto il bugiardino dei farmaci che mi ha prescritto il medico quindi non so neanche se questi rientrino nella lunga lista degli effetti indesiderati, ma li elenco comunque perché immagino la vita del lettore dipenda proprio da questo tipo di informazioni (ma anche no!).
Bene, oltre a questo totale rincoglionimento, ho anche moltissimo tempo a mia disposizione e sto cercando di impegnarlo in maniera produttiva, per lo più leggendo. Ho il cervello che vaga per progetti quindi oggi mi sono fatta una cultura su l’Ulisse di Joyce (presto scoprirete il perché), sul content marketing e già che c’ero ho letto qualcosa d’interessante sulla polmonite.
Credo di aver già accennato al mio interesse per la metamedicina di Claudia Rainville, se così non fosse provo a spiegarvi in due parole di cosa si tratta e, qualora foste interessati, vi invito a dare un’occhiata al suo sito. Semplificando molto, si può affermare che secondo la metamedicina ogni sintomo ed ogni malattia siano un messaggio che il corpo ci sta inviando nel tentativo di riscvegliarci da chissà quale torpore.
Indovinate un po' a cosa sono legati i polmoni?
I polmoni rappresentano la vita, il bisogno di spazio e di libertà. A quanto pare, una polmonite potrebbe indicare un periodo di scoraggiamento profondo dovuto all’incapacità di vedere una via d’uscita dalla propria situazione di difficoltà.
Che dire, piuttosto accurato.
Temo che il mio bisogno di libertà stia urlando con tutta la forza che ha. Se potessi avere una converazione con il suddetto bisogno gli direi più o meno questo: “Mio carissimo bisogno di libertà, io e te ci conosciamo molto bene, é grazie a te che ho vissuto le mie esperienze più intense e ti ringrazio. Non ti offendere, ma con il passare degli anni ho cominciato ad avere paura di te perché temo di non avere la forza necessaria per rimettere insieme i pezzi dopo ognuna delle follie in cui ci imbarchiamo io e te quando facciamo combriccola. Lo so che ti senti tradito ed abbandonato, ma non ribellarti così aspramente. Che ne dici se troviamo un compromesso? Io sarò più coraggiosa, ma ho bisogno di un po’ di tempo per organizzarmi, che ne dici? Tua per sempre.”
Troppo sdolcinata?
Beh, è la dura e cruda verità. Una gran paura di cavalcare anche una sola delle millemila idee che mi passano in testa ed al tempo stesso l’irrefrenabile desiderio di farlo. Chi avrà la meglio? Rileggendo questa frase mi sono resa conto di aver usato la parola ‘cavalcare’ e mi è subito venuto in mente l’articolo scritto il 1 Dicembre, quello in cui dicevo che adoro Release dei Pearl Jam e che potrei ascoltare all’infinito Eddie che dice “I’ll ride the wave, where it takes me” – Cavalcherò l’onda, ovunque mi porti.
Lo so che ho già condiviso la canzone, ma lo rifaccio in caso qualcuno se la fosse persa. La frase in questione è al minuto 2:15. Vi prego di prestare attenzione alla potenza della voce di Eddie nella seconda parte della frase “where it takes me”…io la trovo un’esperienza mistica.