Ieri sera, tosse a parte, non potevo certo perdermi la proiezione di “Pearl Jam. Let’s Play two”, il docu-film sulla doppia performance dei Pearl Jam al Wrigley Field in onore delle miracolose prestazioni sportive dei Chicago Cubs. Io e Francesco pensavamo che saremmo stati soli in sale ed invece ci siamo dovuti ricredere.
Si sono spente le luci (con un po' di ritardo a dire il vero), la voce di Eddie ha riempito la sala ed è stato subito magia.
Ora, non credo ci sia bisogno che io sottolinei ulteriormente il mio amore per Eddie Vedder ed i Pearl Jam e di certo non sarà la mia opinione a rivoluzionare il mondo, ma stasera ho voglia di parlare di musica. Non sono certo un’esperta del settore, ma conosco i miei sentimenti e quello che provo ogni volta che vado ad un loro concerto va ben oltre la critica musicale.
Mi commuovo sì, faccio pensieri assolutamente irripetibili su Eddie Vedder sì, ma non è questo il punto. Il punto è che i Pearl Jam mi fanno tornare la voglia di vivere, mi ricordano che le passioni esistono e che chi le segue può veramente fare la differenza.
Mi piace guardare XFactor ed a volte mi chiedo come sia possibile che certi cantanti così talentuosi non raggiungano il successo. Poi guardo Eddie sul palco e fuori dal palco e capisco tante cose; è quella luce negli occhi che fa la differenza.
Non è spiritato, è illuminato.
All’inizio di questo mio ‘progetto’ contro l’abbrutimento non avevo minimamente considerato il ruolo che la musica gioca nella mia vita. O forse, più semplicemente, non mi sentivo all’altezza di scrivere al riguardo. Stasera, di fatto, vorrei ringraziare tutti quei musicisti che mettono il cuore in quello che fanno, tutti quelli con gli occhi spiritati, tutti quelli che gridano dritti alla mia anima. Grazie, dal profondo.
Ed a proposito di parole gridate alla mia anima, “I’ll ride the wave, where it takes me” è la strofa di release che potrei ascoltare all’infinito. Buon ascolto!