Venerdì è morta la mamma di una mia amica d'infanzia e stanotte è venuta a mancare un'altra persona speciale, anche lei mamma di una giovane donna.
Ho cercato di non parlarne nel blog perché mi sembrava irrispettoso gongolarmi nel dolore altrui, ma oggi, in una giornata così intrisa di pioggia, lacrime e lutti, non riesco proprio a parlare di altro. Potrei dirvi che mi sono fatta la doccia prima di andare al funerale, che mi sono fatta una maschera viso ed anche la maschera per i capelli, ma tutto questo, sebbene reale, mi sembra alquanto privo di senso.
Nella mia vita sono stata piuttosto fortunata, ho perso due bisnonni che erano ormai molto in là con l’età e quindi l’unica morte che posso ritenere tragica è stata quella della mia nonna paterna, venuta a mancare per un cancro nell’estate fra la mia terza media e la prima superiore. Ricordo ancora che la sera del funerale andai alla Festa dell’Unità nei giardini pubblici del paese e ballai fino a tarda sera; poi, sudata fradicia, andai a dormire a casa di mio nonno paterno.
Quella sera proprio non riuscivo a piangere e l’unica cosa di cui avevo bisogno era scatenarmi fino ad essere esausta. Da quella sera non ho fatto altro che pensare di non essere capace ad elaborare il lutto, ho pensato che ci fosse qualcosa di molto sbagliato in me, che il mio comportamento fosse inaccettabile e che fosse un oltraggio alla nostra cultura del lutto.
Era strano come da una parte mi vergognassi e dall’altra mi sentissi invece perfettamente in pace con me stessa. E allora mi chiedo, cosa significa veramente elaborare un lutto? E soprattutto, è possibile?
La mia risposta, ad oggi, è no. Certo, il nostro cervello è perfettamente capace di darsi alcune spiegazioni logiche. Certo, posso pensare che quella persona non soffra più, se sono credente posso pensare che il Signore l’abbia voluta con sé e quindi sentirmi onorata. Ognuno di noi credo sia in grado, prima o dopo, di farsene una ragione, ma una persona che muore lascia un vuoto che nessuno mai potrà colmare.
Non c’è giorno in cui io non pensi a mia nonna, magari avrei bisogno di una ricetta oppure semplicemente di sentire la sua voce o la sua opinione su qualcosa.
Oggi sono stata al funerale, più che altro perché volevo essere lì per la mia amica e quando alla fine della cerimonia, al cimitero, l’ho vista con le guance visibilmente arrossate per lo sfregamento con le guance altrui l’ho salutata senza smancerie perché lei me l’ha chiesto e per me, la vera amicizia è proprio questa, la libertà di dire, non mi baciare che non ne posso più.
Ed aveva tutte le sue sacrosantissime ragioni!
Tra l’altro tutti i presenti, me inclusa, le hanno offerto ogni tipo di aiuto perché si sa, le mamme sono sempre un aiuto prezioso, soprattutto quando sono nonne. Tornando a casa, però, parlando con mia mamma, non ho potuto fare a meno di pensare che quel tipo di aiuto, quello di gestione quotidiana, sarà quello che le mancherà di meno. La mia amica è una roccia, si saprà riorganizzare, ha tanti cugini ed una famiglia meravigliosa, il tran tran quotidiano non sarà un problema per lei, almeno non nel lungo termine.
Io non so cosa significhi perdere la mamma, ma penso solo che una mamma ti manca per tutta la vita. Ti manca quando raggiungi un obiettivo, ti manca per fare una risata, ti manca nelle foto, ti manca dall’altra parte del telefono o di una porta. Ti manca e basta e non c’è aiuto che tenga.
Oggi la mia amica e suo fratello non hanno versato una lacrima (o comunque se lo hanno fatto si sono nascosti bene!), hanno addirittura sorriso e dietro a quei sorrisi ci ho rivisto tanto del mio modo di affrontare il dolore. Oggi mi sono forse perdonata per essere andata a ballare quella sera di Agosto del ’95 perché alla fine, ognuno di noi, ha il diritto di affrontare il dolore a modo proprio.